2019 Spazio Corona – Bassano del Grappa

PAESAGGIO VENETO  – Personale d’Arte – Spazio Corona Bassano del Grappa (VI)

 Spazio Corona Largo Corona d’Italia, 35

dal 31 maggio al 9 giugno 2019 Ven – sab – dom – lun, dalle ore 10,30 – 12,30 e 16,00 – 20,00 e su appuntamento al numero 329 7393249 (la domenica pomeriggio: produzione di un’opera live) – Ingresso libero – Gino Prandina Battistello . Colceresa (VI)  –  facebook: Gino Prandina

 

Con il patrocinio di Città di Bassano del Grappa – Assessorato alla promozione del territorio e della Cultura,  Pro Bassano, L’HOSPITALE pr. Consociatio , AxA – artesacravicenza.it.

 

Note filosofico-estetiche

“Il blu è l’invisibile che diventa visibile”(Yves Klein). La vocazione del blu alla profondità è così forte che proprio nelle gradazioni più profonde diviene più intensa e intima. Più il blu è profondo e più richiama l’idea di infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale. È il colore del cielo, come appunto ce lo immaginiamo quando sentiamo la parola “cielo”. “La bellezza… al disopra di quasi tutto il genere umano, perché già il frutto, il vero frutto di tutto il genere umano, e forse il frutto più sublime che mai si possa avere… senza la quale io, forse, non accetterei neanche di vivere ” (Dostoevski, I demoni). “Indagare, cogliere, far sorgere una vita che possa superare quell’insieme di insidie che quegli interessi contengono. In questo vivere nel campo del concreto, quasi si direbbe empirico, in questo approfondire gli interessi umani, per salvare l’umano e la sua azione, è la storia “(Giuseppe Capograssi). L’arte non è mai finita ma solo abbandonata, secondo Leonardo. E finora le intuizioni di Prandina erano solo abbandonate nel loro momento sorgivo, per giungere ora a questi risultati che Heidegger definirebbe “lo splendore del semplice”. Ci sono incisioni come cicatrici, “cicatrici naufragio”. “Quali altre parole meglio definiscono la vita? Si dirà che c’è anche la gioia del bianco ma è una gioia diversa, che contiene anche il dolore: il bianco è “il colore di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere” (W. Kandinsky). Il colore bianco dà un’esposizione leggera e quasi nascosta della gioia come del dolore. Nel segno della leggerezza, come il Terzo Millennio secondo Calvino. Davanti ad un’Apocalisse a pezzi abbiamo bisogno di polveri per una diffusa pentecoste estatica. C’è l’invito a un rifugio portatile personale e insieme di una gioia da condividere… per far suggerire attimi di gioia moltiplicata. Azzurro è il manto della Vergine… in cerca di un punto edi un ponte alto d’incontro tra terra e Cielo: “Portami al sicuro ma senza parlare. E lascia che lo faccia il tuo modo di fare. Portami di corsa in un ponte, là in alto, che unisce il dolore al tuo solito incanto”. In Rondini senza guinzaglio. Non c’è contraddizione nel cercare l’Essenziale e il dialogo con gli altri. “Io ti aspetto in una stanza che è sospesa in alto tra la luce delle stelle e questo dannato Inferno…” Coincidentia oppositorum.            Mirko Ruffoni

 

Note di estetica

“I paesaggi di Gino Prandina conservano nella loro origine il legame con la poesia Haiku e l’influenza dell’ideografia giapponese nei tratti di rigenerazione continua della natura che racchiude un breve senso di eternità, reso dalla rapidità di alcuni segni cromatici. L’azzurro e il bianco degli alberi e dei sentieri innevati dei boschi conducono all’altipiano di Asiago, alla memoria della stagione del silenzio e delle forme prigioniere del gelo. Ogni elemento vive di un rapporto intimistico ed appare pronto a rinnovarsi nella vitalità pulsante della superficie. I dipinti accolgono materiali, dalle garze alle carte, aggrediti da un cromatismo di un bianco assoluto toccato dalle presenze dell’oro e dell’argento, sullo sfondo di un azzurro intenso. La materia, sollevata, increspata, modulata, sopita dal cromatismo, conquista l’attenzione nel condurre la percezione sul palpitare delle scansioni e delle trasparenze degli spessori entro l’armonia dei dipinti. Nell’approfondire la sua pittura, Prandina “continua su nuovi tracciati l’indagine di carattere sintetista e lirica, memore della poetica HAIKU, come pure dell’essenzialismo europeo dei monocromi di Yves Klein o della scuola del Pacifico”. Prandina trasmette l’energia interna della superficie che trova poi sviluppo nell’emergere delle materie. infatti la “lettura di queste opere richiede una luce radente, come anafora della tangente psichica sulle evidenze sempre cangianti della materia…” Lo spazio entra nelle immagini realistiche fra gli alberi e nei paesaggi, dove tutto appare essenziale. Ma i boschi non sono gli unici soggetti presenti alla mostra: infatti Prandina lascia la realtà per entrare con sentimento nell’immagine di Villa Capra, più nota come “La Rotonda”. La villa palladiana appare bianca nella struttura architettonica lievitante per energia cosmica nello spazio, apparentemente sostenuta da un filare di forme tra il vegetale e gli spiriti celesti.”  Maria Lucia Ferraguti

 

L’estetica del paesaggio

Alla ricerca del Genius loci, – così come Norberg Schulz teorizzò la sua ricerca all’interno della cultura dell’ambiente umano – la mostra di Gino Prandina Battistello è un viaggio nella psiche del paesaggio verso il suo fine ultimo, quello di essere vissuto e “pensato”.

L’ascolto e la relazione profonda coi luoghi ha prodotto la tappa 2019 dell’Autore a Bassano, e le opere esposte rappresentano una ricerca sullo spazio, il carattere e l’unicità splendente di innumerevoli “luoghi dell’anima”, di cui è ricca la nostra terra. È la ricerca di quel disvelamento che chiarisce, attraverso i segni, cosa un paesaggio voglia essere o voglia divenire e in che modo voglia “autorealizzarsi”. Il genius loci è lo spirito del luogo… e può esprimere la sua connotazione cosmica, romantica o classica, e guidare alla sua manifestazione mediante il linguaggio dell’arte di volta in volta in forma lirica, istintiva o aulica.

Le opere recenti di Prandina ricercano “l’invisibile del paesaggio, come esigenza dell’umano: ‘abitare’ questa terra” (Heidegger), orientandosi e identificandosi in un ambiente e fra gli spazi in cui la vita si svolge, e che diventano “luoghi” nel senso più alto del termine, cioè  spazi esistenziali. Ogni quadro, ora forse in modo più evidente, è il rilevato concreto di spazi ristretti o ampissimi, quasi personificati nel cangiante fenomeno della luce radente che scorre sulle superfici, manifestando le caratteristiche principali di un luogo, ed esaltandone le proprietà. Così ogni “luogo” descritto assume una rivelazione singolare e, come delle finestre esistenziali, le opere di Prandina si rendono suscettibili alle infinite gradazioni della luce diurna che nel suo variare aiuta l’osservatore a cogliere nella forma topografica “cose antiche e sempre nuove” ripescandole dal buon tesoro della memoria” per mezzo di un’operazione di “riconoscimento”.

La rassegna bassanese è allestita, con la consueta cura dei particolari, nel rinnovato SPAZIO CORONA, della Pro Bassano, in largo Corona d’Italia. Due saloni antichi restaurati e riportati all’integrità degli spazi originari, permettono di immergersi nella dimensione della città medievale: suggestiva l’inserzione sulla parete delle mura antiche, ben leggibili nella tessitura a calce e pietre di fiume della parete est.

La tappa 2019 richiede al visitatore un surplus di attenzione – guidato anche dall’essenzialità elegante dello spazio e dalla luminosità che come un’aura circonda il quadro – necessaria a decodificare un «sistema di immagini dotato di una forma spaziale costante e insieme sempre variabile dalle suggestioni della luce diurna o artificiale.

È una specie di viaggio nella visione del bambino, per stupirsi e ricomprendere quella relazione che intercorre tra il gli oggetti molteplici inseriti nei quadri, per unificarne la percezione allontanandosi da essi e riconoscendo un disegno d’insieme che va lentamente apparendo. Queste “finestre” rappresentano, cioè dicono qualcosa della “figurabilità” di alcuni ambienti nel dialogo fra la materia e l’occhio dell’artista che l’ha colta e narrata. Non si è lavorato per un racconto artistico «egocentrico», quanto piuttosto alla semplificazione del linguaggio pittorico ad strutture generali: una sorta di ricomposizione mondo esterno fatta con l’occhio dell’artista».

Questa mostra dunque, alla ricerca d’una personificazione artistica di spazi naturali e luoghi dell’architettura, cerca di evidenziarne la volontà. “L’uomo per abitare ha bisogno di sentirsi sicuro e tra le prime azioni che glielo consentono stanno quella di orientarsi e di identificarsi in un luogo, che sono la base della sensazione di appartenenza; nel senso che per poter stare in un luogo occorre conoscerlo, sapervisi allontanare, e poi anche ritornare, nonché riconoscervisi, per potersi sentire protetti.” (Norberg-Schulz) . In questo senso Prandina guida l’osservatore alla «figurabilità», alla capacità di immaginare attraverso «forma, colore o disposizione», e mediante le opere al riconoscimento del nostro “paesaggio veneto”, così prezioso e insieme fragile.     PBG

 

Note biografico-artistiche

Negli ultimi anni l’autore ha preferito la narrazione di scorci naturali, resa con essenzialità mediante l’uso di colori rarefatti e tracce estroflesse. Le opere risultano da un certosino assemblaggio di materiali diversi. L’autore rende omaggio al Veneto, agli straordinari paesaggi che dal mare, lungo il corso dei fiumi s’inerpicano all’Altopiano e alle Alpi. Sul versante analitico  avviene l’’evocazione naturalistica  mediante una riflessione segno-materica, e l’autore recupera alcune metodologie novecentesche, come il goffrage e l’assemblaggio.  Ma ancora una volta si riconosce il  “tuffo”  nell’informale, … verso nuovi orizzonti che guidano all’intuizione di un “altro”, “oltre” e “alto”. Continua su queste direttrici l’indagine  sintetistico-orfica memore del lessico orientale, (la poesia HAIKU), dello spiritualismo esistenziale europeo (i monocromi di Yves Klein), e le ampie intavolature cromo-segniche (Kline o  scuola del Pacifico). La lettura di alcune nuove opere richiede una luce radente, come anafora della tangenza psichica sulle evidenze cangianti della materia, come ad immergersi emotivamente nel biancore o veleggiando sopra spazi esistenziali d’azzurro. Un’integrazione dell’apparato strumentale utilizzato dall’artista per queste opere  accompagnerà il visitatore ad un viaggio “in sospensione” fra il già e non ancora suggerendo orizzonti di libertà. La mostra bassanese è un omaggio al paesaggio veneto, in rinnovata sintesi  fra la forma (naturalistica) e l’informale (segnico e materico). In sintesi: una “doppia lettura”nitida, elegante, consapevole. A  tratti commovente.

“Tu usi lo specchio per vedere il tuo volto: usa l’opera d’arte per guardare la tua anima” (G.B. Shaw)

 

Il Blu, il rosa, l’oro, l’Immateriale, il vuoto, l’architettura dell’aria, l’urbanistica dell’aria, i grandi spazi geografici, per un ritorno a una vita umana nella natura… Che io scopra continuamente e regolarmente sempre nuove cose nell’arte, ogni volta più belle, anche se non sono degno di essere un utensile per costruire e creare della Grande Bellezza. Che tutto ciò che viene da me sia Bello. Così sia. Aiutami ancora e sempre e nella mia arte, il teatro del Vuoto, tutte le variazioni particolari ai margini della mia opera, il mio cielo Blu, e proteggi tutto ciò che ho creato affinché, nonostante me, sia tutto, sempre, di Grande Bellezza.“      Yves Klein, febbraio 1961